Saper scegliere i prodotti che si mettono sulla propria tavola è un requisito fondamentale per una sana alimentazione e proprio per questo è importante saper leggere le etichette, che hanno lo scopo di informare i consumatori con notizie chiare e oggettive. Se non si conosce il prodotto che si sta acquistando, prima di metterlo nel carrello, magari invogliati dalla pubblicità accattivante che abbiamo appena visto o dallo sconto imperdibile di cui approfittare, meglio dedicare qualche istante per informarsi sull’alimento che abbiamo in mano. Ecco qualche accorgimento per orientarsi nella lettura delle etichette alimentari per una scelta consapevole.
IL NOME DI UN PRODOTTO PUÒ INGANNARE
Attenzione prima di tutto a non farsi ingannare dalla denominazione di vendita: il nome di un prodotto può essere di pura fantasia e non descrivere appieno le sue caratteristiche organolettiche e tanto meno quelle nutrizionali. Proprio per questo e per evitare sorprese, il nome commerciale di un alimento deve sempre essere affiancato a una descrizione univoca che identifichi il prodotto in parole semplici: un biscotto è sempre un biscotto e dovrà essere sempre descritto come tale indipendentemente dal nome commerciale che gli si attribuisce.
Oltre alla descrizione del prodotto in etichetta va indicato anche lo stato fisico in cui si trova il prodotto o il tipo di trattamento a cui eventualmente è stato sottoposto. Un consumatore deve conoscere se il cibo che sta acquistando è stato “surgelato”, “decongelato”, “concentrato”, “affumicato”, “liofilizzato”, reso “in polvere” e così via in modo da scegliere liberamente se acquistarlo o meno. Ad esempio, c’è molta differenza in termini di qualità (e di prezzo) tra il pesce fresco e quello decongelato. Allo stesso modo la qualità di una spremuta di arance fresche è molto maggiore di un succo di arancia ottenuto diluendo un succo concentrato. Nulla vieta di acquistare un prodotto piuttosto che un altro ma è importante essere consapevoli della nostra spesa (e del perché di un’eventuale differenza di prezzo).
CONTROLLARE LA LISTA DEGLI INGREDIENTI
Meglio soffermarsi anche sulla lista degli ingredienti. Molti non sanno che l’elenco degli ingredienti di un determinato prodotto deve comprendere tutte le sostanze utilizzate per la sua produzione (compresa l’acqua se supera il 5% e gli eventuali additivi e conservanti utilizzati) ed è riportato in ordine decrescente di peso, cioè, il primo ingrediente in etichetta è quello che costituisce quell’alimento in percentuale maggiore.
Tra tutti gli ingredienti, in grassetto sono indicati quelli che più di altri possono scatenare reazioni allergiche o di intolleranza. I cereali contenenti glutine, i crostacei, il pesce, le uova, le arachidi, la soia, il latte e i suoi derivati (compreso il lattosio) sono considerati allergeni e devono essere evidenziati nell’elenco degli ingredienti in modo da individuarli facilmente.
In etichetta deve essere riportato l’elenco degli ingredienti, che deve includere tutte le sostanze utilizzate per la sua produzione ed è riportato in ordine decrescente di peso.
Attenzione alla lista degli ingredienti se si sta acquistando un prodotto integrale. Questo è un esempio tipico di come il nome di un prodotto possa trarre in inganno perché spesso vengono definiti “integrali” prodotti che in realtà non lo sono. Perché si possano considerare veramente tali, i prodotti integrali devono riportare la farina integrale come primo ingrediente e non la farina bianca con aggiunta di crusca, e poi magari un po’ di farina integrale al quinto posto.
ATTENZIONE AGLI ZUCCHERI AGGIUNTI E AGLI EDULCORANTI
Allo stesso modo, è bene diffidare dalla dicitura “senza zucchero”: molti alimenti per rendere meno palese l’utilizzo eccessivo di zucchero ed evitare di segnalarlo al primo posto utilizzano zuccheri diversi in piccole quantità. Attenzione a quei prodotti senza zucchero ma preparati con glucosio, fruttosio, sciroppo di glucosio-fruttosio, malto, destrosio, zucchero integrale di canna, saccarosio e così via: facendo un po’ di attenzione e guardando la tabella nutrizionale potremmo addirittura scoprire che un prodotto descritto come “sano” ha in realtà più zuccheri di tanti altri.
Leggendo l’etichetta meglio prestare attenzione anche agli edulcoranti che si dividono in tre categorie: quelli naturali, come fruttosio, destrosio, sorbitolo, xilitolo, mannitolo, stevia, miele e sciroppi di amido; quelli semi-sintetici, come l’aspartame, e infine i dolcificanti sintetici, come la saccarina, i ciclamati, l’acesulfame. Gli edulcoranti sintetici o semi-sintetici hanno un potere addolcente molto maggiore di quello dello zucchero.
L’impiego di questi composti non è limitato al solo settore alimentare, ma si estende ampiamente a quello sanitario, dove gli edulcoranti – naturali o di sintesi – vengono aggiunti alle preparazioni medicinali somministrate per via orale, in modo da renderle più gradevoli. Ma anche, e soprattutto, vengono utilizzati in sostituzione dello zucchero nei prodotti per diabetici e in quelli destinati alle diete ipocaloriche. Quest’ultimo aspetto è oggetto di ampio dibattito nella letteratura scientifica. Un lavoro molto elegante, pubblicato su Diabetes Care nel 2013 da un gruppo di ricercatori americani, ha studiato la risposta di soggetti obesi a un carico di glucosio dopo l’assunzione di sucralosio. Lo studio ha identificato un’alterazione della risposta glicemica e insulinica, come se l’utilizzo di edulcoranti e dolcificanti non calorici inducesse un netto aumento della resistenza periferica all’insulina (Pepino MY et al. Diabetes Care. 2013 Sep;36(9):2530-5).
Il meccanismo responsabile di tutto questo è stato ipotizzato da un gruppo di ricerca giapponese in un articolo, pubblicato su PloS ONE, sempre nel 2013: il recettore cellulare per il sapore dolce si esprime non solo a livello delle papille gustative, ma anche a livello del tessuto adiposo e negli organi del sistema ormonale, come nelle cellule enteroendocrine e in quelle del pancreas, rivestendo un significativo ruolo fisiologico nella regolazione del metabolismo energetico (Masubuchi Y et al. PLoS One. 2013;8(1):e54500).
Un ultimo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Appetite nel 2014, si è spinto oltre e ha valutato l’impatto dei dolcificanti sulla percezione cognitiva del cibo, sulle scelte alimentari e sulla soddisfazione della fame, giungendo alla conclusione che la percezione eccessiva del sapore dolce, anche non accompagnata da un apporto calorico corrispondente, influenza i processi psicologici e cognitivi e porta, nel tempo, a un aumento dell’assunzione totale di cibo, soprattutto di quello zuccherino, e quindi all’innalzamento del rischio di obesità (Hill SE et al. Appetite. 2014 Dec;83:82-88).
MENO AROMI, CONSERVANTI E ADDITIVI NEI PRODOTTI DI QUALITÀ
Leggendo la lista degli ingredienti meglio controllare la presenza di aromi, conservanti e additivi e più in generale di tutte quelle sostanze che non conosciamo. Chiedersi se la propria nonna preparerebbe a casa quell’alimento con gli stessi ingredienti è una buona regola per scegliere se acquistare o meno un determinato prodotto. Fortunatamente, anche aromi e additivi devono essere inseriti nella lista degli ingredienti. Con il termine “aromi” si intende per definizione l’utilizzo di aromi artificiali, sintetizzati in laboratorio, mentre la dicitura “aromi naturali” indica essenze, estratti o succhi ottenuti da materie alimentari.
Chiedersi se la propria nonna preparerebbe a casa quell’alimento con gli stessi ingredienti è una buona regola per scegliere se acquistare o meno un determinato prodotto.
Gli additivi, invece, sono sostanze autorizzate dalle legge, in quantità definite e solo per determinati alimenti, che vengono usate per svariate ragioni, come migliorare l’aspetto di un cibo, la sua palatabilità, la conservazione e così via. Tra essi si ritrovano i coloranti, gli emulsionanti, gli edulcoranti e gli antiossidanti. Possono essere indicati con il nome per esteso, oppure con una sigla costituita dalla lettera E seguita da un numero. Le sigle da E100 a E199 corrispondono ai coloranti, quelle da E200 a E299 ai conservanti mentre da E600 a E699 troviamo gli esaltatori di sapidità (ad esempio, il glutammato di sodio è indiato con la sigla E621).
LA TABELLA NUTRIZIONALE PER TIRARE LE SOMME
Per finire, meglio dare un’occhiata alla tabella nutrizionale. È obbligatorio indicare il valore energetico, il contenuto di grassi, di grassi saturi, di carboidrati, di zuccheri, di proteine e di sale. Molto spesso si ritrovano indicazioni anche sul contenuto di grassi monoinsaturi (come l’acido oleico dell’olio d’oliva), di grassi polinsaturi e di fibre. Il contenuto solitamente è rapportato a 100 grammi di prodotto. La tabella nutrizionale è utile, ad esempio, per capire il contenuto complessivo di zuccheri ma anche per valutare l’apporto di macronutrienti di un determinato alimento magari confrontando prodotti diversi.
Per finire, meglio dare un’occhiata alla tabella nutrizionale. È obbligatorio indicare il valore energetico, il contenuto di grassi, di grassi saturi, di carboidrati, di zuccheri, di proteine e di sale. Molto spesso si ritrovano indicazioni anche sul contenuto di grassi monoinsaturi (come l’acido oleico dell’olio d’oliva), di grassi polinsaturi e di fibre. Il contenuto solitamente è rapportato a 100 grammi di prodotto.
A seconda delle proprie esigenze la tabella nutrizionale può essere d’aiuto per scegliere il prodotto più adatto. Ad esempio, 100 grammi di yogurt bianco intero apportano approssimativamente 75 kcal e contengono circa 4 grammi di grassi, poco più che 4 grammi di zuccheri e poco meno di 4 grammi di proteine. Diversamente un etto di yogurt greco al 5% di grassi apporta circa 95 kcal e contiene evidentemente 5 grammi di grassi, 3 grammi di carboidrati e quasi 10 grammi di proteine. Se il proprio obiettivo è integrare una maggior quantità di proteine, contenendo l’apporto di zuccheri, è evidente che lo yogurt greco è una scelta migliore. Allo stesso modo se il proprio obiettivo è quello di ridurre i grassi (in particolare quelli saturi di cui i latticini sono particolarmente ricchi) meglio evitare lo yogurt greco intero preferendo invece quello al 2% o magari quello scremato.