La prevalenza dell’obesità e della sindrome metabolica stanno aumentando in tutto il mondo. L’incremento del numero di persone con la sindrome metabolica e il conseguente aumento del rischio di morbidità e mortalità cardiovascolare rappresenta oggi un serio problema per la sostenibilità del sistema sanitario.
La pandemia da SARS-CoV-2 ha messo ulteriormente in evidenza come le alterazioni metaboliche del paziente obeso, quali la sindrome metabolica e diabete di tipo 2, accrescano anche il rischio infettivo, aggravando la pressione sul sistema sanitario. Benché i rilievi sui parametri metabolici nei pazienti con COVID-19 siano ancora limitati, i dati preliminari suggeriscono che le persone con sindrome metabolica abbiano un rischio maggiore di sviluppare una forma grave di infezione.
Il sovrappeso e l’obesità sono fattori di rischio per le patologie cardiovascolari, soprattutto se i chili di troppo sono tutti concentrati sull’addome, con un aumento della massa grassa viscerale. Questo rischio cresce esponenzialmente quando si aggiungono problemi come l’ipertensione, i trigliceridi troppo alti nel sangue con livelli troppo bassi di colesterolo HDL (quello “buono” per intenderci) e anche la glicemia è troppo elevata, in un circolo vizioso dovuto a un vero e proprio deragliamento metabolico.
La sindrome metabolica non è una malattia di per sé ma rappresenta una situazioni clinica in cui il sommarsi di diversi fattori determina un aumento del rischio di patologie cardiovascolari di circa tre volte e un aumento del rischio di diabete di circa cinque volte.
Ma come diagnosticare la sindrome metabolica?
Prima di tutto è importante armarsi con un metro da sarta per misurare la circonferenza vita che corrisponde al punto più stretto dell’addome e si misura posizionandosi nel punto medio tra l’ultima costola e la cresta iliaca. Per evitare errori, questa misura deve essere rilevata alla fine di un’espirazione normale.
La sindrome metabolica non è una malattia di per sé ma determina un aumento del rischio di patologie cardiovascolari di circa tre volte e un aumento del rischio di diabete di circa cinque volte.
Secondo i criteri dell’International Diabetes Federation la misura della circonferenza vita è un dato indispensabile per la diagnosi di sindrome metabolica a sottolineare come l’eccesso di tessuto adiposo viscerale rappresenti un fattore determinante nell’aumento del rischio cardiometabolico. Per la diagnosi di sindrome metabolica la circonferenza vita deve essere maggiore di 94 cm negli uomini e di 80 cm nelle donne.
Dopo di che è importante misurare la pressione arteriosa: se i valori di pressione sistolica superano i 130 mmHg e i valori di pressione diastolica superano gli 85 mmHg o si fa uso di farmaci antipertensivi si rientra nei criteri per la diagnosi della sindrome metabolica.
Per finire bisogna controllare gli esami ematici e in particolare è importante verificare se il valore di trigliceridi nel sangue è maggiore di 150 mg/dl, se la concentrazione di colesterolo HDL è minori di 40 mg/dl per gli uomini o minore di 50 mg/dl per le donne e se la glicemia supera i 110 mg/dl.
Per la diagnosi di sindrome metabolica si richiede la presenza di obesità addominale abbinata a due delle altre condizioni elencate. Ad esempio se un uomo ha una circonferenza vita di 98 cm, è iperteso e la glicemia a digiuno a 115 mg/dl possiamo parlare di sindrome metabolica. Allo stesso si porrà diagnosi di sindrome metabolica se una donna ha una circonferenza vita di 86 cm, i trigliceridi a 162 mg/dl e il colesterolo HDL a 46 mg/dl.
Criteri per la diagnosi di sindrome metabolica:
- circonferenza vita maggiore di 94 cm negli uomini e di 80 cm nelle donne
- valori di pressione sistolica maggiori di 130 mmHg e valori di pressione diastolica superiori a gli 85 mmHg (o utilizzo di farmaci antipertensivi)
- trigliceridi maggiori di 150 mg/dl
- colesterolo HDL minori di 40 mg/dl per gli uomini o minore di 50 mg/dl per le donne
- glicemia maggiore di 110 mg/dl.
Una volta posta diagnosi di sindrome metabolica è fondamentale preoccuparsi di ridurre il rischio cardiometabolico e per fare questo è determinante cambiare il proprio stile di vita con l’obiettivo di un sano dimagrimento. Non esistono scorciatoie ma è fondamentale l’impegno per cambiare le proprio abitudini a partire da:
- Un corretto bilanciamento di carboidrati e proteine: ogni pasto deve essere composto da una quota di carboidrati, una di proteine proteine, frutta e verdura.
- La giusta distribuzione dei pasti: meglio iniziare la giornata con una prima colazione abbondante e finirla con una cena leggera evitando gli spuntini tra un pasto e l’altro.
- Un po’ di attenzione alla scelta degli alimenti preferendo l’utilizzo dei cereali integrali ed evitando invece zuccheri semplici e dolcificanti.
- L’abitudine al movimento: l’attività fisica deve diventare parte integrante della propria quotidianità.