Sempre più spesso si sente parlare degli effetti positivi del digiuno benché purtroppo capiti di frequente di veder proporre modalità errate che rischiano di essere poco efficaci sul piano clinico se non addirittura dannose. Prima di proseguire a scrivere questo articolo mi permetto un disclaimer: la pratica del digiuno breve deve essere discussa e valutata con attenzione con il proprio medico, meglio se dietologo, al fine di valutare i pro e contro di una modalità dietetica che può rivelarsi estremamente utile ma che non è adatta a tutti.
Una fase di digiuno di breve durata rappresenta un potente stimolo all’utilizzo dei grassi di riserva, svolge un’ottima azione antinfiammatoria e favorisce la sensibilità insulina migliorando l’utilizzo degli zuccheri.
Per cominciare è importante fare una distinzione tra gli effetti del digiuno breve, di massimo 15-18 ore, e quelli del digiuno prolungato. Una fase di digiuno di breve durata rappresenta un potente stimolo all’utilizzo dei grassi di riserva, svolge un’ottima azione antinfiammatoria e favorisce la sensibilità insulinica migliorando l’utilizzo degli zuccheri. Al contrario, se il digiuno si protrae troppo a lungo si ottiene l’effetto esattamente opposto e l’organismo “spaventato” dalla fase di digiuno prolungata mette in moto tutti i meccanismi per proteggersi dalle carestie, aumentando la resistenza insulinica periferica, riducendo il consumo calorico e il metabolismo basale e ricominciando ad accumulare grasso se appena il dispendio energetico viene superato di poco dall’assunzione calorica.
Se si evita di cenare è facile ottenere una fase di digiuno di 15-18 ore a seconda degli orari in cui si finisce di pranzare e si fa prima colazione. Non a caso parlo di saltare la cena e non, ad esempio, di saltare la prima colazione perché l’effetto metabolico del digiuno varia molto in relazione al momento della giornata in cui viene portato avanti. Il nostro organismo è fortemente influenzato dal ritmo circadiano e saltare la prima colazione rischia di essere controproducente anche se in questo modo si evita di mangiare per 15-18 ore.
L’effetto del digiuno breve è indipendente dalla restrizione calorica. Saltare la cena non deve rappresentare l’opportunità per ridurre drasticamente l’apporto di energia ma piuttosto una modalità per ridistribuire l’apporto calorico dando una forte prevalenza alla prima parte della giornata. Una breve fase di non alimentazione stimola l’organismo a utilizzare la riserve modificando il set metabolico da un’impostazione anabolica, con una prevalenza del segnale insulinico, a una catabolica, in cui prevalgono invece gli ormoni che stimolano l’utilizzo delle riserve, come il glucagone. Al contrario se la fase di digiuno si protrae troppo a lungo le scorte di carboidrati tendono a esaurirsi costringendo l’organismo a un cambio metabolico di emergenza in cui si riduce l’utilizzo delle riserve di grasso e si ricava energia dagli aminoacidi.
L’effetto del digiuno breve è indipendente dalla restrizione calorica: saltare la cena non deve rappresentare l’opportunità per ridurre drasticamente l’apporto di energia ma piuttosto una modalità per ridistribuire l’apporto calorico dando una forte prevalenza alla prima parte della giornata.
Lo stesso accade tra un pasto e l’altro: se il mio obiettivo è quello di utilizzare le riserve di grassi meglio evitare gli spuntini mentre al contrario se desidero aumentare di peso è importante spezzare le fasi di “digiuno” con qualcosa da mangiare in modo da mantenere sempre uno stimolo anabolico.
Un buon giorno per sperimentare il digiuno breve è la domenica in cui solitamente si ha più tempo per alzarsi con calma dedicandosi a una prima colazione ben fatta e ci si può concedere il lusso di un pranzo più abbondate senza la fretta di doversi rimettere al lavoro. Se si arriva all’ora di cena senza particolare appetito potrebbe essere una buona idea evitare di cenare in modo da portare avanti una fase di digiuno di 15-18 ore dalla fine del pranzo domenicale fino alla colazione del lunedì mattina. Con queste modalità, è molto probabile che l’apporto calori complessivo della domenica non sia sostanzialmente diverso da quello degli altri giorni della settimana: una netta redistribuzione dell’assunzione di cibo a vantaggio della prima parte della giornata rappresenta un forte stimolo al dimagrimento.
Il modo migliore per interrompere la fase di digiuno è iniziare la giornata con una prima colazione abbondante che preveda l’utilizzo bilanciato di carboidrati, prediligendo i cereali integrali, proteine sane, come quelle delle uova, dello yogurt, del formaggio, del prosciutto o del salmone affumicato a seconda delle proprie preferenze insieme a della frutta fresca, del tè o del caffè.
Attenzione poi a non esagerare: nella maggior parte dei casi è sufficiente prevedere nella settimana 2-3 giorni non consecutivi in cui digiunare a cena. Cercare invece di evitare di cenare tutte le sere oltre a essere una pratica decisamente antisociale rischia di dare all’organismo un segnale di carestia portando comunque a una riduzione del metabolismo basale e a effetti controproducenti sulla perdita di peso.
Riassumendo quando discusso, prima di mettere in pratica il digiuno è importante prestare attenzione a questi aspetti:
- È fondamentale confrontarsi con il proprio medico chiedendosi se questa pratica sia adatta alle proprie caratteristiche e ai propri obiettivi.
- Ricordasi sempre la differenza tra digiuno breve e digiuno prolungato: una fase di digiuno di massimo 15-18 ore può rappresentare una buona opportunità metabolica al contrario digiuni più prolungati rischiano di essere controproducenti.
- Il digiuno breve non deve rappresentare una strategia per ridurre le calorie ma piuttosto per ridistribuirle dando una prevalenza alla prima parte della giornata.
- Meglio non esagerare: si possono ottenere buoni risultati con il digiuno breve anche semplicemente saltando la cena della domenica.