L’omocisteina è un intermedio del metabolismo di un amminoacido, la metionina, per cui sono necessari come cofattori l’acido folico e la vitamina B12.
Avere livelli troppo alti di omocisteina costituisce un fattore di rischio cardiovascolare indipendente dagli altri fattori di rischio come l’ipertensione, il fumo, l’ipercolesterolemia con bassi livelli di colesterolo HDL (quello buono, per intenderci), il diabete e così via.
È preferibile che i livelli di omocisteina nel sangue rimangano sotto i 10 mcmol/l.
L’iperomocisteinemia è un fattore di rischio incrementale: maggiori sono i livelli di omocisteina nel sangue maggiore è il rischio cardiovascolare. Questo vuol dire che avere i valori di omocisteina a 23 mcmol/l è meglio che averla a 40 mcmol/l così come è preferibile che i livelli rimangano sotto i 10 mcmol/l.
Oltre che nella determinazione del rischio cardiovascolare, l’omocisteina è un dato fondamentale da tenere in considerazione durante la gravidanza, dove riveste grande importanza come indice del metabolismo dei folati a supporto della salute materna e soprattutto di quella del nascituro. Più di recente i livelli di omocisteina sono stati messi in connesse con patologie complesse e multi fattoriali come la malattia di Alzheimer.
Avere livelli troppo alti di omocisteina costituisce un fattore di rischio cardiovascolare indipendente dagli altri fattori di rischio come l’ipertensione, il fumo, l’ipercolesterolemia con bassi livelli di colesterolo HDL, quello buono, il diabete e così via.
Le possibili cause di un aumento dei livelli di omocisteina sono da ricercare sia sul piano nutrizionale che su quello genetico. Da quest’ultimo punto di vista, uno degli enzimi coinvolti nel metabolismo della metionina, denominato metilen-tetraidrofolato reduttasi (MTHFR), svolge un ruolo centrale nella produzione di omocisteina.
Nella popolazione generale sono presenti molti polimorfismi genetici che portano a una minor funzione di questo enzimi e di conseguenza a un aumento dei livelli di omocisteina nel sangue.
Più nel dettaglio, la mutazione C677T causa una riduzione di circa 50% dell’attività enzimatica. Questa variante ha una trasmissione autosomica recessiva, cioè per portare a un aumento del livello plasmatico di omocisteina la mutazione deve essere presente in omozigosi. Una seconda possibile mutazione è quella denominata A1298C che è stata associata a una diminuzione dei livelli dell’enzima MTHFR. I soggetti portatori in omozigosi di questa mutazione mantengono un’attività enzimatica pari a circa il 60%. I doppi eterozigoti (portatori di entrambe le mutazioni) conservano un’attività pari a circa il 50-60%.
La ricerca di un’eventuale mutazione di questo enzima è da riservare alla situazioni in cui i livelli di omocisteina sono molto alti, con lo scopo di valutare la trasmissione di questo carattere nei proprio famigliari e di identificare con più precisione il rischio cardiovascolare potenziale.
Se la causa dell’omocisteina alta è genetica è ancora più importante l’integrazione aggiuntiva di acido folico e vitamina B12, ma allo stesso tempo diventa fondamentale controllare tutti gli altri aspetti che contribuiscono a definire il proprio rischio cardiovascolare.
Così come la propria storia famigliare non può essere modificata, l’iperomocisteinemia deve essere letta come un segnale di attenzione che deve spronare a fare realmente prevenzione a più livelli, dallo stile di vita all’integrazione vitaminica, come prevenzione primaria, fino a una maggior frequenza di controlli cardiologici.
Se la causa dell’omocisteina alta è genetica è ancora più importante l’integrazione di acido folico e vitamina B12.
Oltre a questo, in caso di iperomocisteinemia è fondamentale seguire uno stile di vita che miri a ridurre il rischio cardiovascolare. L’abitudine al movimento come parte integrante della propria quotidianità, il corretto abbinamento a tutti i pasti di carboidrati e proteine, l’utilizzo esclusivo di cereali integrali, l’assunzione di almeno cinque porzioni di frutta e verdura tutti i giorni sono solo alcune delle indicazioni più utili per salvaguardare il cuore.
Sul piano dietologico, è importante prima di tutto valutare un’eventuale carenza di acido folico e di vitamina B12 che porta, in entrambi i casi, a un aumento dei livelli di omocisteina. Alcuni esami del sangue, come la misura dei livelli ematici di queste vitamine, insieme alla valutazione della concentrazione di folati all’interno dei globuli rossi e dei livelli di acido metilmalonico, uniti a un’attenta valutazione nutrizionale possono essere di grande aiuto per indirizzare la diagnosi e la terapia.
L’assunzione di acido folico a dosaggi anche elevati, fino a 5 mg al dì, è utile per ridurre i livelli ematici di omocisteina benché nella pratica clinica spesso sia sufficiente intervenire con dosaggi decisamente ridotti che si aggirano intorno ai 400 mcg al dì. In molti casi, per migliorare l’efficacia clinica dell’integrazione si preferisce utilizzare i metaboliti attivi dell’acido folico, scegliendo l’acido 5-metiltetraidrofolico (5-MTHF). Molto utile abbinare all’integrazione di acido folico anche un’integrazione di vitamina B12.