La gestione nutrizionale dei pazienti parkinsoniani è molto complessa e merita di essere valutata attentamente. La particolarità deriva dalla natura chimica della Levodopa, il farmaco principale utilizzato nel trattamento della malattia di Parkinson.
La Levodopa è a tutti gli effetti un aminoacido e compete con gli altri aminoacidi per l’assorbimento a livello intestinale e per la sua assimilazione a livello neuronale. Proprio per questo si suggerisce di assumere la Levodopa almeno 30 minuti prima del pasto, anche se, nonostante questo, la presenza eccessiva di proteine a livello intestinale ne ostacola l’assorbimento e quindi l’efficacia terapeutica.
La Levodopa è a tutti gli effetti un aminoacido e compete con gli altri aminoacidi per l’assorbimento.
A complicare ulteriormente la situazione c’è l’emivita molto breve di questo farmaco. L’emivita di un farmaco nel sangue corrisponde indicativamente al tempo in cui il farmaco è effettivamente in circolo e svolge la sua azione. L’emivita della Levodopa è di circa 4 ore e questo costringe ad assunzioni ripetute nel corso della giornata.
Il problema è che i pazienti parkinsoniani hanno, soprattutto dopo qualche anno di malattia, una forte sensibilità alla Levodopa e sperimentano periodi di “ON” se la concentrazione nel sangue del farmaco è corretta e periodi di “OFF”, con la ricomparsa dei sintomi motori, se questa concentrazione scende troppo.
Proprio per questo è utile intervenire con una dieta a ridistribuzione proteica, in cui l’assunzione di proteine viene spostata verso sera quando una minor efficacia della Levodopa è più tollerata.
Una dieta a ridistribuzione proteica non deve però inficiare il corretto apporto di proteine nella giornata ed è quindi importante calibrare con attenzione i pasti. Se la prima colazione e il pranzo vengono lasciati quasi senza apporto di proteine, con una prima colazione a base di prodotti da forno e cereali, senza l’utilizzo di latticini e uova, e il pranzo basato sull’abbinamento di un primo con un contorno di verdure, è necessario che le fonti proteiche vengano reinserite dalle 17.00 in avanti, scegliendo per il pasto serale un buon secondo.
Per migliorare l’assorbimento e l’efficacia terapeutica della Levodopa è utile l’impostazione di una dieta a redistribuzione proteica che però non deve inficiare il corretto apporto di proteine nella giornata.
Il corretto apporto di proteine è comunque molto importante in questi pazienti al fine di mantenere un buon tono muscolare a fronte spesso di un consumo calorico aumentato a causa dei movimenti involontari e delle discinesie. Allo stesso modo un’eventuale integrazione proteica, che spesso si rende necessaria, deve essere utilizzata dal tardo pomeriggio in avanti.
Il peso dei pazienti parkinsoniani in media è inferiore a quello della popolazione generale. Un peso corporeo ridotto è associato ad una qualità di vita e una prognosi della malattia peggiore. Per intervenire con una terapia correttiva appropriata è importante conoscere i fattori che influenzano la perdita di peso nei parkinsoniani. Un studio pubblicato l’anno scorso su Nutritional Neuroscience dal gruppo di ricerca del Centro Parkinson di Milano ha dimostrato che i pazienti parkinsoniani obesi, con un indice di massa corporea ≥30 kg/m2, e con una malattia più grave, con uno stadio Hoehn & Yahr ≥3, avevano un dispendio energetico maggiore rispetto a quello atteso per la popolazione generale (Barichella, M. et al. Nutr Neurosci 2020, 130, 1–10).
Nei pazienti parkinsoniani un peso corporeo ridotto è associato ad una qualità di vita e una prognosi della malattia peggiore.
Altro problema da tenere in considerazione nel paziente con malattia di Parkinson è la stitichezza, che spesso diventa ostinata. Oltre a stimolare il consumo abbondante di frutta e verdura, ricche di fibre, è fondamentale cercare di mantenere un corretto apporto di liquidi, aspetto spesso difficoltoso con il procedere dalla malattia.
La difficoltà nell’idratazione è dovuta al fatto che spesso questo tipo di paziente sviluppa una disfagia e un’alterazione della deglutizione, sia per i liquidi che per i solidi. Questo aspetto complica l’impostazione nutrizionale, che merita di essere valutata con attenzione per non sottovalutare il rischio di una polmonite ab ingestis.
In molte situazioni è d’aiuto una buona presenza di condimenti, come ad esempio l’olio, che, agendo da lubrificanti, facilitano la progressione del boccone. Allo stesso modo, le pietanze dovrebbero avere una consistenza il più omogenea possibile e quindi spesso è utile frullare e omogenizzare gli alimenti addensandoli sfruttando l’effetto di patate, tuorlo d’uovo, fecola e quant’altro. Per i liquidi spesso è utile intervenire con addensanti artificiali che, a seconda del dosaggio, trasformano l’acqua in una gelatina per facilitarne la deglutizione.
Con il progredire della malattia è suggeribile che il paziente parkinsoniano sia seguito in un centro specialistico, in cui si integrino professionalità diverse che permettano una corretta gestione neurologica, nutrizionale e psicologica.