Lo svezzamento è uno dei momenti più delicati nella crescita di un bambino ed è il percorso che porta un lattante da un’alimentazione esclusivamente lattea a una dieta completa. Si parla di percorso perché uno svezzamento ben fatto si protrae per più di un anno insegnando al bimbo a tollerare tutti gli alimenti: se un neonato dovesse mangiare un pezzo di pizza rischierebbe di morire per una forte gastroenterite mentre poi con lo svezzamento, un passo alla volta, arriva a tollerare un’alimentazione “da grande”.
Il primo segreto per uno svezzamento perfetto è la personalizzazione. Se è vero che l’Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce di iniziare lo svezzamento intorno al sesto mese di vita dopo un allattamento esclusivo questa scelta deve essere valutata attentamente dal pediatra in base all’equilibrio di mamma e bimbo. Ad esempio, se il bambino è allattato artificialmente può essere utile valutare di iniziare lo svezzamento con qualche settimana d’anticipo, così come se si registra una riduzione della crescita o se l’allattamento al seno diventa difficoltoso.
Ma quando inizia veramente il processo di svezzamento?
Uno svezzamento ben fatto inizia già durante la gravidanza (Piuri G. et al, Nutrients 2019 May 17;11(5):1096). Sul piano evoluzionistico le nausee gravidiche tipiche del primo trimestre possono essere interpretate come un meccanismo di protezione dalle tossinfezioni alimentari nel periodo delicato dell’embriogenesi mentre le voglie dell’ultimo trimestre possono essere lette come il tentativo di esporre il nascituro al maggior numero di allergeni esterni per iniziare a insegnargli a conoscere il mondo esterno.
Il contatto con il mondo esterno avviene però in maniera protetta tramite gli anticorpi materni e in particolare le Immunoglubuline G. Questi anticorpi di memoria, oltre a essere importanti nella risposta immunitaria alle infezioni, si modificano a seconda del nostro pattern alimentare aumentando o diminuendo la loro concentrazione in base agli alimenti più presenti nella nostra dieta. L’aspetto interessante delle Immunoglobuline G è che passano la barriera placentate portando al nascituro informazioni sul mondo esterno e, se consideriamo le Immunoglobuline G per gli alimenti, sull’alimentazione materna.
Sul piano evoluzionistico le nausee gravidiche tipiche del primo trimestre possono essere interpretate come un meccanismo di protezione dalle tossinfezioni alimentari nel periodo delicato dell’embriogenesi mentre le voglie dell’ultimo trimestre possono essere lette come il tentativo di esporre il nascituro al maggior numero di allergeni esterni per iniziare a insegnargli a conoscere il mondo esterno.
Un buon svezzamento inizia quindi già durante la gravidanza e dipende molto dalle scelte alimentari della madre: una dieta che sia il più varia possibile alternando il maggior numero di cereali, inserendo i legumi ma anche le patate, che preveda l’utilizzo del maggior numero di tipi di carne e pesce, di uova, formaggi ma anche di fonti proteiche vegetali come la soia, di vegetali e frutta è il miglior presupposto per iniziare bene lo svezzamento.
L’altro aspetto interessante è che le Immunoglobuline G sono secrete anche nel latte materno e guidano il bimbo a una maggior tolleranza alimentare anche durante il primo anno di vita. In quest’ottica è importante che l’allattamento, se possibile e tenendo in considerazione l’equilibrio tra mamma e bimbo, si protragga per tutto lo svezzamento per aiutare il bimbo a conoscere meglio il cibo anche attraverso gli anticorpi materni. Anche in questo caso si rimarca l’importanza della dieta materna come strumento per supportare il sistema immunitario del bimbo verso un corretto sviluppo della tolleranza alimentare.
Un buon svezzamento inizia già durante la gravidanza e dipende dalla scelte alimentari materne.
Cominciando lo svezzamento è bene affidarsi alle indicazioni del proprio pediatra. Nelle diverse tradizioni, le modalità di svezzamento possono apparire molto differenti a testimonianza che non esiste uno schema fisso, ma che questo debba essere personalizzato sulla risposta del bimbo tenendo in considerazione anche la storia famigliare. I cibi scelti devono rispettare prima di tutto il grado di crescita del bambino prediligendo inizialmente cibi morbidi e facili da deglutire.
I primi alimenti introdotti devono essere cotti, compresa la frutta, per ridurre lo stimolo allergenico per poi progressivamente ridurre i tempi di cottura per arrivare a proporre al bimbo cibi freschi e crudi.
Le Immunoglobuline G per gli alimenti passano la barriera placentae e sono secrete nel latte materno guidando il bimbo nel percorso di svezzamento.
Ogni nuovo alimento deve essere introdotto gradualmente iniziando con piccole porzioni per poi progressivamente aumentare le quantità fino a sostituire completamento la poppata. È importante osservare con attenzione eventuali piccole reazioni nel bimbo che spesso si manifestano con eczemi e irritazioni cutanee o con alterazioni nella consueta regolarità intestinale. In tal caso nessun problema ma è importante rallentare un po’ l’introduzione degli alimenti che hanno scatenato questa piccola reazione riducendo le porzioni e la frequenza di introduzione per poi lentamente riprendere il passo con l’obiettivo di raggiungere una dieta completa di tutto.
A ogni nuova introduzione è importante che al bimbo sia proposta un’alimentazione che sia il più varia possibile organizzandosi per una buona rotazione dei cibi cercando di variare a ogni pasto sia la fonte di cereali che le proteine.
In accordo con il pediatra è importante definire con attenzione le tempistiche di introduzione di alcuni alimenti come il latte vaccino, i cereali ricchi di glutine, il pomodoro e così via e, in relazione alla caratteristiche del bimbo, se sia suggeribile utilizzare fin da subito cereali integrali o se sia preferibile rimandare il loro inserimento a una fase più avanzata dello svezzamento. Con buonsenso, è importante seguire le abitudini tipiche di ogni famiglia proponendo a tempo debito le scelta alimentari che caratterizzano la propria cultura alimentare.