Perché una dieta dei sapori?
Sapore, odore e aspetto sono sempre state le caratteristiche che hanno guidato i nostri progenitori nel decidere se un alimento fosse utilizzabile come cibo. La scienza dietetica moderna, invece, per valutare l’effetto di ogni alimento si basa su analisi biochimiche, delegando lo studio dei sapori all’industria alimentare e alla ricerca culinaria.
C’è effettivamente una differenza sottile ma netta tra alimentazione e nutrizione: nel primo caso il focus è incentrato sull’alimento e sulle sue caratteristiche intrinseche, mentre la nutrizione è la scienza che si occupa di come queste caratteristiche possano influenzare la salute. Paradossalmente, più ancora dei nutrizionisti, sono chimici e agronomi, intenti a studiare come preservare l’aroma di una determinata materia prima, a interessarsi maggiormente dei sapori.
Se si parla di alimentazione il focus è incentrato sull’alimento e sulle sue caratteristiche intrinseche, mentre la nutrizione è la scienza che si occupa di come queste caratteristiche possano influenzare la salute.
Questo dipende dal fatto che, nella scienza della nutrizione moderna, il sapore è considerato una caratteristica secondaria rispetto alla composizione biochimica e al quantitativo di carboidrati, grassi, proteine e altri nutrienti presenti in un alimento. Diversamente, nell’industria alimentare il sapore di un certo cibo e la sua conservazione sono fondamentali per il successo commerciale e quindi, per studiare i diversi sapori, bisogna prendere in mano i libri di chimica dell’alimentazione piuttosto che quelli di biochimica.
Nonostante questo, che l’effetto di un alimento vada ben oltre la sua composizione biochimica è un concetto che anche la scienza della nutrizione moderna ha ben chiaro. Nuovi e fiorenti campi di ricerca, come la nutrigenomica, sono nati attorno all’idea che i nutrienti possano interagire con il genoma umano influenzandone l’espressione e, conseguentemente, abbiano un ruolo nella salute di un individuo.
Nonostante la presenza di un gene o di un altro abbia certamente un peso, la loro espressione è influenzata dall’ambiente esterno, di cui l’alimentazione rappresenta probabilmente una delle quote più rilevanti. Siamo quindi ben oltre la genetica quando arriviamo a studiare come le modifiche della struttura tridimensionale delle molecole di DNA, e non della sequenza delle basi azotate che rappresentano la base del codice genetico, possano influire sull’espressione di un gene.
Tutto questo è epigenetica, ovvero la scienza che studia come due organismi geneticamente uguali possano avere un’espressione genetica differente, e conseguentemente un fenotipo diverso. Per fare chiarezza su questi argomenti, pensiamo a due gemelli omozigoti: se da bambini possono apparire praticamente identici, con il passare degli anni cominceranno a manifestare differenze dipendenti dall’ambiente e che li porteranno, nel tempo, a diversificarsi anche di molto l’uno dall’altro.
La nutrigenomica, in particolare, studia come la dieta possa determinare un’espressione genetica diversa analizzando le interazioni tra cibo e organismo, spingendosi ben oltre la semplice composizione nutrizionale di un alimento. Lo stesso facevano i Cinesi più di duemila anni fa, studiando l’effetto energetico dei sapori.
È interessante notare come, la dietetica tradizionale cinese per valutare la qualità relativa e assoluta di un alimento faccia riferimento a un concetto molto particolare che può essere riassunto con la parola Zong. Questo termine indica la storia di un luogo, di un popolo e di una famiglia.
Tutti ricordano le tradizioni famigliari e il gusto dei cibi cucinati dalla madre la domenica o nelle occasioni di festa. Zong fa riferimento a questa memoria: le abitudini alimentari con cui cresciamo risuoneranno positivamente per sempre nella nostra vita e una pietanza che ne rispecchi il ricordo avrà un effetto altrettanto positivo.
Il termine Zong va pensato anche in un’ottica più ampia, che comprende la storia e la tradizione di un determinato luogo: la cucina europea e la cucina orientale sono molto diverse, per esempio, così come non si mangia allo stesso modo in riva al mare o in montagna. La tradizione culinaria di un luogo ne rispetta il clima, le disponibilità alimentari e le tradizioni culturali, unendo questi aspetti in maniera indissolubile.
Oltre a rimandare al rispetto della tradizione, questa regola fondamentale della dietetica cinese si traduce nel concetto, oggi sempre più importante, di un’alimentazione a chilometro zero: consumare cibi prodotti nella zona geografica in cui ci troviamo riduce enormemente l’impatto ambientale dell’importazione forzata di alimenti dall’altra parte del mondo.
Se questo non bastasse, negli ultimi anni il conto delle kcal, che ha retto il concetto stesso di dieta fino a qualche anno fa, ha perso molta importanza lasciando spazio alla comprensione che ha molto più valore come si mangia piuttosto che quanto si mangia. La corretta distribuzione dei pasti nella giornata, a favore di una prima colazione abbondante, l’abbinamento a tutti i pasti di carboidrati, proteine, frutta e verdura, l’utilizzo escluso di cereali integrali, l’attenzione alla qualità dei cibi e l’idea di attività fisica come parte integrante della quotidianità sono diventati pilastri fondamentali per chi vuole restare in forma e in salute.
Il conto delle kcal ha perso molta importanza lasciando spazio alla comprensione che ha molto più valore come si mangia piuttosto che quanto si mangia.
Cambiano anche le conoscenze su come funziona il corpo umano. Se fino a trent’anni fa il tessuto adiposo era considerato esclusivamente un tessuto di deposito, progressivamente si è arrivati a considerarlo prima un tessuto endocrino – si pensi ad esempio al suo ruolo nella policistosi ovarica – e poi, più recentemente, come un tessuto infiammatorio. Molecole come la leptina, l’adiponectina, la resistina e più in generale le adipochine sono molecole di segnale con azioni sia sul versante immunitario che su quello metabolico.
Così come è cambiato la concezione di tessuto adiposo è cambiata anche il ruolo di una corretta impostazione nutrizionale. Quanto è importante una dieta personalizzata in patologie come il colon irritabile o la tiroidite di Hashimoto? E in caso di artrite reumatoide quanto conta mangiare correttamente. E se si parla di fibromialgia? Della ricerca di una gravidanza? Di osteoporosi? E se parlassimo di un tumore? Una maggiore attenzione a come si mangia e più in generale al proprio stile di vita riveste grande importanza in ognuno di questi ambiti e può fare effettivamente la differenza mettendo l’organismo nelle condizioni di funzionare correttamente.
Bene. Abbiamo compreso quanto è importante come si mangia per mantenere in salute ma qual è la dieta perfetta?
Basta cercare su internet informazioni sulla dieta più corretta da seguire per trovare scuole di pensiero antitetiche che si contrappongono con forza: ci sono quelle che ce l’hanno a morte con i carboidrati e non permettono di mangiare nulla che assomigli a un cereale, quelle che demonizzano le proteine e vietano nella maniera più assoluta di consumare prodotti di origine animale e poi c’è chi, invece, esige di rinunciare a qualunque tipo di grasso.
Per mantenere o riconquistare la salute è necessario intervenire a tutto tondo sullo stile di vita impostando una dieta personalizzata che possa essere mantenuta a lungo.
Come se non bastasse, negli ultimi anni vanno sempre più di moda diete con il dichiarato intento di indurre una situazione di squilibrio nell’organismo in cambio di una rapida perdita di peso, ma che quasi mai si preoccupano di come sia poi possibile mantenere i risultati.
La soluzione, probabilmente, sta altrove, e per mantenere o riconquistare la salute (e la propria forma fisica) è necessario intervenire a tutto tondo sullo stile di vita di una persona, e impostare una dieta personalizzata che possa essere mantenuta a lungo senza dimenticarsi dell’importanza del movimento e dell’attività fisica.